Rileggendo l’articolo di Le Bohec sulle creazioni matematiche scritto per Cooperazione Educativa n. 3/2000 ho trovato nuovi spunti sia di riflessione che di lavoro per il nostro gruppo di ricerca.
Vorrei mettere in evidenza un aspetto significativo di questa ricerca, il fatto che durante le discussioni che conduciamo sulle creazioni spesso si hanno evidenze di una presa di coscienza da parte dei bambini di concetti fondamentali della matematica. Quando i compagni interpretano una creazione mettono in gioco tante “intelligenze” diverse, tanti modi di guardare diversi… Chi ne trae beneficio, dice Le Bohec, sono soprattutto gli autori, costretti, dagli interventi dei compagni, a mettere in discussione le loro rappresentazioni mentali. Questo mi sembra un aspetto caratteristico delle creazioni, il fatto che obbligano la mente a continue ristrutturazioni delle reti di significati che i bambini via via si costruiscono. E sono le sorprese, le visioni inaspettate che aiutano a procedere. Aiutato dai compagni ogni bambino inizia a vedere la propria creazione dall’esterno e quindi riesce anche a valutarla, a criticarla se necessario, individuando degli errori, a cercare poi di migliorarla. Si appropria quindi del sapere matematico e ci fa vedere che se ne è appropriato con i fatti e con le parole.
Un altro elemento, più pratico, è il fatto che Le Bohec “estraesse” dalle creazioni dei bambini solo quelle parti che voleva mettere in discussione nella classe. Era ancora più selettivo di noi che ci limitiamo a scegliere fra tutte le creazioni quelle che ci sembrano più coerenti con il percorso che immaginiamo possa condurre verso la costruzione di nuovi saperi, grazie alla nostra esperienza come insegnanti, da un lato, e alla conoscenza della matematica, dall’altro.
Le Bohec scrive: “…si cercava di sviluppare una produzione, la si riprendeva, la si allargava. Si aiutava a volte l’autore a sviluppare la sua idea fino in fondo. Si notava un grande piacere nello sperimentare, ma anche nel copiare, o nel sorprendere, o nell’esprimere, attraverso l’espediente della matematica, un problema personale.”
Questi aspetti emozionali e affettivi legati alle creazioni li abbiamo sperimentati anche noi e sono veramente fondamentali; lo diventano ancor più se questa pratica diventa parte delle routine della classe perché inserita nel piano di lavoro. Scrive Le Bohec: “Gli insegnanti che, per prudenza, non hanno osato lavorare in questo modo che una volta sola alla settimana, non hanno visto le cose svilupparsi come l’avrebbero desiderato.”
Un’ultima riflessione riguarda il ruolo dell’insegnante nella discussione: “…egli deve guardarsi dall’intervenire troppo presto in quanto, perché ci sia comprensione, occorre che ci sia stato innanzitutto un lavoro di ricerca, un’apertura dell’intelligenza verso una domanda.” Ritornando a quanto si diceva prima sul fatto che le creazioni devono condurre a una trasformazione delle rappresentazioni mentali Le Bohec afferma che “occorre esser messi davanti a delle affermazioni che sorprendano, che pongano problemi.”
Altrimenti quel processo di ristrutturazione necessario per imparare non può partire. Questo è tutto.