Materiali per un piano di lavoro
Abbiamo già condiviso il modello di piano di lavoro usato da Freinet a Vence in un articolo precedente (per saperne di più: Bibliothèque de l’Ecole Moderne n° 15 – Les plans de travail | Coop’ICEM.pdf). Si legge, nelle proposte di questo piano, l’idea dei “complessi d’interesse” a cui si ispirava Freinet e anche l’importanza data al lavoro e alle attività manuali.
Praticamente sono i “compiti” che ogni alunno progetta di svolgere da solo durante una settimana. Ma come fa un alunno a decidere che cosa inserire nel suo piano di lavoro?
Lo ricava, su indicazione del maestro, dal percorso didattico svolto in classe nella settimana precedente, il quale, a sua volta, fa parte del piano annuale relativo ad ogni disciplina. È l’insegnante che predispone un piano generale delle attività. L’allievo compone il suo piano di lavoro personale scegliendo tra le opzioni che gli presenta l’insegnante. Poi, deve essere libero di svolgere il lavoro nei tempi e nei modi stabiliti dall’organizzazione della classe cooperativa, anche non in presenza dell’insegnante della disciplina a cui si riferisce il compito. Nel piano sono previste sia attività di consolidamento delle abilità strumentali sia attività di studio sia attività creative e rilassanti e, a fine settimana, c’è sempre un momento anche breve di dialogo insegnante/alunno in cui si fa un bilancio del lavoro effettivamente svolto e si mettono in luce gli obiettivi ancora da raggiungere.
Nei piani di lavoro che condividiamo ora della classe di Sonia Sorgato (molti altri a cui ispirarsi sono reperibili sui siti francesi) non tutte le attività sono autocorrettive, lo sono solo le schede di italiano e di matematica; nel piano ci sono le tecniche (la corrispondenza scolastica, le creazioni matematiche, il testo libero); le attività cambiano di settimana in settimana anche in base a nuovi interessi che si creano nella classe; c’è l’autovalutazione e la riflessione metacognitiva; c’è la firma del genitore. In questo piano di lavoro inizialmente c’erano attività solo di italiano e matematica ma gradualmente nella classe si sono introdotte anche altre discipline e altre attività (inglese e lavoro manuale) e poi, in futuro, ci saranno anche le conferenze degli alunni su un tema scelto per lo studio personale.
Dal piano di lavoro emerge la coerenza e l’integrazione tra questo strumento e le altre tecniche oltre agli aspetti relativi all’autovalutazione che è uno dei primi passi per condurre l’allievo a costruirsi strumenti di autoregolazione necessari per poter dire di avere imparato e anche di avere imparato ad imparare. Dare in mano ai bambini un “documento” di questo tipo, cartaceo e strutturato secondo un preciso impianto metodologico, significa istituzionalizzare il momento del lavoro autonomo, dargli valore e rilevanza all’interno delle attività della classe. Significa anche dare fiducia ai bambini, credere nelle loro capacità e quindi potenziare l’autostima, oltre a condividere con loro, in ogni momento dell’attività scolastica, gli obiettivi di apprendimento. Dall’organizzazione del documento si desume quindi in gran parte il modo di lavorare della classe.
Allora che fare? Un primo passo, per andare nella direzione del materialismo pedagogico, potrebbe essere riprendere in mano i vecchi materiali ad esempio gli schedari autocorrettivi MCE per il calcolo e l’ortografia. Erano materiali che non implicavano necessariamente un metodo particolare di lavoro per poter essere fruiti, li potevano usare tutti ed erano tutti autocorrettivi, gli obiettivi erano semplici ed espliciti.
La scheda di controllo di una serie di calcoli Un cloze sulla distinzione s/z Testo in cui mancano i punti Scheda di controllo
Lo schedario di calcolo era determinato dalla tecnica freinetiana del “calcolo vivente” e quindi dalla necessità di esercitarsi sul “far di conto”, funzionale però alla risoluzione dei problemi posti quotidianamente dalla classe cooperativa.
Lo stesso valeva per lo schedario di ortografia: dovendo scrivere e poi diffondere un giornalino l’ortografia non era un elemento secondario, dovendo scrivere ai corrispondenti era importante che il testo scritto fosse il più possibile corretto.
Non si doveva solo acquisire uno strumento ma c’era dietro una motivazione che dava senso anche al momento esercitativo. Separare i materiali da questo motivo significa snaturarne il significato.
Dopo aver svolto una serie di esercizi c’era una scheda di controllo che doveva essere corretta dall’insegnante. In base al risultato il bambino poteva procedere negli esercizi successivi (strettamente graduati!!!) oppure ripetere la serie.
Questo materiale può ancora avere una sua validità? Avrebbe senso rieditarlo, con eventuali aggiornamenti, per renderlo nuovamente disponibile?
Contemporaneamente sarebbe interessante, oltre che utile, elaborare materiali come la Biblioteca di lavoro o le Schede scolastiche cooperative (realizzate dagli alunni), indispensabili per portare avanti la ricerca d’ambiente e realizzare le conferenze, due ambiti su cui il Movimento ha ancora molto da dire. Che cosa ci offre già l’editoria MCE rispetto a questo? Che richieste possiamo fare agli esperti del MCE per produrre materiali adeguati e soprattutto “nuovi”? Quali collaborazioni esterne potrebbero essere utili?
Per mantenere la rotta occorre fare un passo alla volta.
È possibile, con uno sforzo comune dei gruppi di ricerca e dei gruppi territoriali, condividere i materiali prodotti relativamente alle tecniche in modo che si possano conoscere e confrontare e diventino parte dei materiali a disposizione degli iscritti (e non solo!) riattivando ciò che a suo tempo aveva fatto la Cooperativa per la Tipografia Scolastica?
Ora abbiamo altri strumenti: spazi web su cui pubblicare, strumenti di comunicazione per diffondere. Serve però un progetto comune condiviso per mettere insieme le tante risorse già esistenti e crearne di nuove, validarle, classificarle, organizzarle in modo logico e facilmente fruibile per poi diffonderle.
Tempo fa si era tentata la creazione di una sezione didattica sul sito MCE ma la risposta dei gruppi era stata praticamente nulla quindi il progetto era stato dopo breve tempo abbandonato. È evidente che se non c’è interesse da parte di qualcuno e soprattutto se non c’è qualcuno che se ne occupa davvero i progetti nascono e muoiono. Speriamo che in questo caso le cose vadano diversamente.
Donatella Merlo, Sonia Sorgato
Gruppo Creazioni matematiche – settembre 2021
Riferimenti bibliografici su piano di lavoro e tecniche Freinet nell’articolo Sulle tecniche Freinet in questo stesso blog.